il mal di schiena
Il mal di schiena (lombalgia o low back pain degli inglesi) è una patologia con picco di incidenza fra 30 e 50 anni caratterizzata da episodi acuti destinati a recidivare e periodi più o meno lunghi di remissione.
Rappresenta la principale causa di disabilità a lungo termine nel mondo (Lancet. 2016 Oct 8;388(10053):1545-1602); la sua incidenza nel corso della vita varia dal 58 all’84% e l’11% degli uomini ed il 16% delle donne ne sono affetti. Il 7% dei consulti dei medici di medicina generale (MMG) è riferibile al mal di schiena, che ogni anno determina la perdita di 4,1 milioni di giornate lavorative (HSE2011-Ch9-Chronic-Pain ). In Italia i dati estrapolati da studi riportano che gli infermieri professionali ed in generale gli operatori sanitari presentano la prevalenza più elevata di lombalgia tra le varie categorie professionali, maggiore anche rispetto agli addetti dell’industria pesante (G Ital Med Lav Erg 2005; 27:2, 208-212). Oltre il 30% dei pazienti con sciatalgia presenta sintomi clinicamente significativi ad un anno dall’insorgenza.

Dall’alto ed in senso orario: corpo vertebrale visto dall’alto, disco intervertebrale, corpo vertebrale di profilo, colonna lombare di profilo, corpo vertebrale visto posteriormente (F. Netter).
I fattori di rischio associati al mal di schiena includono fumo, obesità, età (35-55 anni), genere femminile, lavoro fisicamente faticoso, sedentarietà, stress, basso livello di istruzione, ansia e depressione (Spine (Phila Pa 1976).1998; 23 (17): 1860-6).
Alla prima valutazione di pazienti che si presentano dal proprio medico è importante escludere la presenza, attraverso l’anamnesi e l’esame obiettivo di segni di allarme (cosiddetti red flags) come tumori, fratture, infezioni, sindrome della cauda equina, aneurisma aortico.
Nella tabella a sinistra sono riassunti i criteri che devono essere presi in considerazione per escludere cause gravi all’origine della lombalgia.
In assenza di segnali di allarme l’anamnesi e l’esame obiettivo consentono di identificare nella maggior parte delle situazioni un quadro clinico legato alla cosiddetta lombalgia aspecifica.
Più dell’85% dei pazienti visitati nelle cure primarie soffre di forme di lombalgia di cui non si riesce a diagnosticarne l’origine. In questi casi è molto probabile che il punto di partenza del dolore sia da addebitarsi a cause meccaniche, verosimilmente rappresentate da sovraccarico funzionale, lesioni muscolo-legamentose e processi degenerativi dei dischi intervertebrali non evidenziabili nemmeno con la diagnostica strumentale più sofisticata. Si parla appunto di lombalgia aspecifica.
In base alla durata dei sintomi si suole distinguere il mal di schiena aspecifico in:
– acuto, qualora persistesse per meno di sei settimane;
– sub-acuto, qualora persistesse tra le sei settimane e i tre mesi;
– cronico, qualora persistesse per più di tre mesi;
La sintomatologia dolorosa è limitata alla regione posteriore della colonna vertebrale, nel tratto compreso tra il margine costale e la piega glutea inferiore, con o senza coinvolgimento della parte posteriore degli arti inferiori e comunque non oltre il ginocchio di durata ed intensità variabili.
La diagnostica strumentale (radiografia, RMN, TAC), di solito, non è utile di fronte ad una lombalgia acuta nè per identificare l’origine del dolore nè ai fini di una corretta diagnosi. E’ bene tenere presente che una “semplice” radiografia della colonna lombare equivale a 65 radiografie del torace. Inoltre poiché le alterazioni della colonna sono piuttosto comuni nelle persone sane la diagnostica strumentale può identificare alterazioni radiografiche che sono solo “diagnosi radiologiche”, quasi sempre non origine della sintomatologia in atto ma che spesso possono portare all’esecuzione di ulteriori inutili esami e interventi. Nella migliore delle ipotesi i referti non influenzano la successiva scelta diagnostica e terapeutica, dimostrando la loro inutilità.
Per i pazienti con una semplice lombalgia acuta, il ritorno immediato o precoce alla normale attività fisica, lavoro compreso, comporta il recupero più rapido in termini assoluti. Entro le due settimane dall’insorgenza del mal di schiena è anche consigliato iniziare ad esercitare attività minimamente impegnative quali camminare, andare in bicicletta o nuotare.
L’obiettivo dell’assistenza per i pazienti con lombalgia acuta è il sollievo sintomatico a breve termine, poiché la maggior parte migliorerà anche in assenza di trattamenti, farmacologici o meno, entro quattro settimane (BMJ . 26 febbraio 1994; 308 (6928): 577-80).
Le recidive sono comuni e interessano fino al 50% dei pazienti entro sei mesi dall’episodio precedente e il 70% entro 12 mesi. Anche le recidive sono caratterizzate da una prognosi favorevole. Alcuni pazienti con lombalgia acuta andranno incontro ad una cronicizzazione della patologia. Le stime sulla percentuale di pazienti che sviluppano mal di schiena cronico variano. In uno studio prospettico di coorte su pazienti con mal di schiena acuto diagnosticato da medici di medicina generale il mal di schiena cronico è stato riscontrato nel 20% dei casi entro due anni dal primo episodio (Spine (Phila Pa 1976).15 aprile 2012; 37 (8): 678-842). Altri studi hanno riportato una frequenza non superiore al 10% (BMJ . 9 agosto 2003; 327 (7410): 32).
Il trattamento della lombalgia aspecifica prevede interventi di natura non farmacologica e/o farmacologica.
Secondo le recenti linee guida 2017 dell’American College of Physicians (Ann Intern Med . 4 aprile 2017; 166 (7): 514-530) il miglior approccio iniziale è rappresentato dalla applicazione locale di una fonte di calore. Massaggi, agopuntura e manipolazioni lombari sono altre opzioni consigliate la cui scelta dipende dalle preferenze del paziente e dal loro costo e accessibilità non essendoci dati che dimostrano la superiorità di un trattamento rispetto agli altri.
Quando si ritiene opportuno ricorrere a terapia farmacologica i cosiddetti FANS (antinfiammatori non steroidei) vengono ritenuti i più appropriati (ibuprofene e naprossene p.e.). I FANS forniscono tuttavia un modesto sollievo dal dolore. In uno studio del 2008 il miglioramento sintomatico globale dopo una settimana è stato modestamente maggiore nei pazienti trattati con FANS rispetto al placebo. D’altro canto con i FANS si è registrata una percentuale maggiore di effetti collaterali soprattutto gastrointestinali. (Non-steroidal Anti-Inflammatory Drugs for Low Back Pain). Nessun beneficio rispetto a placebo ha evidenziato in numerosi studi l’utilizzo del paracetamolo.
In caso di non sufficiente efficacia si possono aggiungere farmaci miorilassanti che mostrano un effetto sinergico sulla riduzione del dolore quando utilizzati insieme ai FANS (Muscle Relaxants for Non-Specific Low Back Pain).
Nel dolore refrattario della lombalgia cronica può essere preso in considerazione un trattamento con oppioidi per un breve periodo non superiore ai 7 giorni anche se dubbia rimane la loro efficacia. Il problema viene esaurientemente affrontato nelle CDC Guideline for Prescribing Opioids for Chronic Pain.
Altri farmaci (cortisonici, antidepressivi, antiepilettici, anestetici per uso topico etc) hanno mostrato scarsi o nulli benefici (Cochrane Database Syst Rev. 2000;(2):CD000396).
Circa il 3-4% dei pazienti che si rivolge presso strutture di assistenza primaria per lombalgia presenta invece un’ernia del disco o una stenosi vertebrale.
I dischi intervertebrali hanno fondamentalmente la funzione di ammortizzatori. Sono formati, schematicamente, da alcuni strati esterni concentrici di tessuto fibroso e cellule cartilaginee (anello fibroso) e da una zona elastica centrale semifluida ad alto contenuto idrico (nucleo polposo). In un adulto sano i dischi intervertebrali costituiscono circa il 25% della lunghezza dell’intera colonna vertebrale.
Una dislocazione più o meno accentuata di un disco intervertebrale (protrusione o ernia) può determinare una compressione a carico delle radici corrispondenti dei nervi spinali.

Rappresentazione schematica, in sezione sagittale ed assiale, di disco normale (A), bulging discale (B), ernia protrusa (C) ed ernia estrusa (D). LLP: legamento longitudinale posteriore
Oltre il 90% di queste manifestazioni interessano il disco posto tra la vertebra L5 e quella S1.
Le fibre che originano da questa zona contribuiscono a costituire il plesso lombo-sacrale da cui ha inizio il nervo sciatico (foto sotto).