interruzione volontaria di gravidanza
La Legge 194 del 22 maggio 1978 dal Parlamento italiano, è un’importante legge di sanità pubblica, finalizzata sia a prevenire il ricorso all’aborto, sia ad eliminare quello clandestino sia a regolare le procedure per l’interruzione volontaria della gravidanza (IVG), considerata come ultima risorsa e non come strumento per il controllo delle nascite.
Il consultorio familiare viene indicato come servizio cardine per la promozione della salute riproduttiva al quale la donna si rivolge entro i primi 90 giorni di gravidanza per tutti quei motivi per i quali la prosecuzione della gravidanza, il parto o la maternita’ comporterebbero un serio pericolo per la sua salute fisica o psichica, in relazione o al suo stato di salute, o alle sue condizioni economiche, o sociali o familiari, o alle circostanze in cui e’ avvenuto il concepimento, o a previsioni di anomalie o malformazioni del concepito.
La richiesta di IVG è effettuata personalmente dalla donna. Nel caso delle minorenni, è necessario l’assenso da parte di chi esercita la potestà o la tutela. Tuttavia se, entro i primi 90 giorni, chi esercita la potestà o la tutela è difficilmente consultabile o si rifiuta di dare l’assenso, è possibile ricorrere al giudice tutelare. Nel caso in cui la donna sia stata interdetta per infermità di mente, la richiesta di intervento deve essere fatta anche dal suo tutore o dal marito, che non sia legalmente separato.
Quando il medico del consultorio o della struttura socio-sanitaria, o il medico di fiducia, riscontra l’esistenza di condizioni tali da rendere urgente l’intervento, rilascia immediatamente alla donna un certificato attestante l’urgenza. Con tale certificato la donna stessa puo’ presentarsi ad una delle sedi autorizzate a praticare la interruzione della gravidanza.
In assenza di urgenza il medico del consultorio rilascia alla donna un certificato attestante lo stato di gravidanza e l’avvenuta richiesta, e la invita a soprassedere per sette giorni. Trascorsi i sette giorni, la donna può presentarsi, per ottenere la interruzione della gravidanza, sulla base del documento rilasciatole presso una delle sedi autorizzate.
L’interruzione volontaria della gravidanza, dopo i primi novanta giorni, puo’ essere praticata:
a) quando la gravidanza o il parto comportino un grave pericolo per la vita della donna;
b) quando siano accertati processi patologici, tra cui quelli relativi a rilevanti anomalie o malformazioni del nascituro, che determinino un grave pericolo per la salute fisica o psichica della donna.
Gli interventi vengono praticati in genere presso gli ospedali pubblici specializzati.
La sorveglianza epidemiologica del fenomeno è stata indicata come una priorità dal legislatore, che ha imposto la notifica obbligatoria di ogni IVG e la presentazione al Parlamento, da parte del Ministro del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali, di una relazione annuale sul fenomeno. Dal 1980 è operativo un Sistema di sorveglianza attivo che vede impegnati l’Istituto Superiore di Sanità (ISS), il Ministero della Salute e l’Istituto Nazionale di Statistica (ISTAT) da una parte, le Regioni e le Province autonome.
Dai dati della Relazione al Parlamento IVG 2018 (dati riferiti a tutto il 2017) emerge che tutti gli indicatori confermano il trend in diminuzione: il tasso di abortività (N. IVG rispetto a 1000 donne di 15-49 anni residenti in Italia), che rappresenta l’indicatore più accurato per una corretta valutazione della tendenza del ricorso all’IVG, è risultato pari a 6.2 per 1000 nel 2017, con un decremento del 3.3% rispetto al 2016 e con una riduzione del 63.6% rispetto al 1982. Il dato italiano rimane tra i valori più bassi a livello internazionale
Da luglio 2009 l’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) ha autorizzato la commercializzazione in Italia del mifepristone (antiprogestinico di sintesi) in associazione ad una prostaglandina dando avvio all’utilizzo del metodo farmacologico della IVG.